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Istruzione in Italia per stranieri

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Istruzione in Italia per stranieri

Il diritto allo studio è inerente alla dignità umana.

L’articolo 34 della Costituzione stabilisce che la scuola è aperta a tutti. Il diritto allo studio è assicurato ad italiani e stranieri in Italia, senza discriminazioni fondate sulla cittadinanza o sulla regolarità del soggiorno, anche quando essi non dispongono delle risorse finanziarie necessarie. 

Per gli italiani, così come per gli stranieri, il diritto allo studio è funzionale allo sviluppo della persona umana, sia nella dimensione individuale sia sul piano sociale. La disciplina specifica in materia di diritto all’istruzione assicura questo diritto a tutti gli individui, salvo prevedere alcune distinzioni a seconda che si tratti dell’istruzione dei minori o la formazione degli adulti, per i quali, come pure previsto dalle principali fonti internazionali, l’istruzione di grado superiore può non essere necessariamente garantita a tutti. Tuttavia la Costituzione italiana prevede che i capaci e i meritevoli possano raggiungere i gradi più alti degli studi, anche se privi di risorse economiche, provvedendo con concorsi all’assegnazione di borse di studi, assegni alle famiglie ed altre provvidenze (articolo 34, paragrafo 3).

Sia i minori sia gli adulti stranieri sono agevolati nel loro percorso formativo dall’attivazione da parte dello Stato, delle Regioni e degli enti locali di servizi e corsi rivolti all’apprendimento della lingua italiana. L’apprendimento dell’italiano come seconda lingua è infatti strumento indispensabile sia per il buon esito dell’inserimento scolastico sia, più in generale, per l’integrazione dello straniero e per la costruzione di un’armoniosa coesione sociale.

La normativa in tema di diritto allo studio per gli stranieri dedica inoltre particolare attenzione all’educazione interculturale da parte della comunità scolastica, che accoglie le differenze linguistiche e culturali come valore a fondamento del rispetto reciproco e dello scambio tra culture, promuovendo iniziative volte all’accoglienza, alla tutela della cultura e della lingua di origine e alla realizzazione di attività interculturali comuni (articolo 38, comma 3, del Testo Unico sull’immigrazione). La scuola infatti costituisce il luogo primario per la costruzione e la condivisione di quei valori comuni che contribuiscono alla formazione di una cittadinanza attiva. In questo contesto l’educazione interculturale coinvolge tutti gli studenti nell’obiettivo comune di acquisire conoscenze e competenze necessarie non solo per la convivenza democratica ma anche per l’inserimento attivo nel mondo del lavoro, della cultura e dell’impegno sociale.

Il diritto all’istruzione per i minori stranieri

I minori stranieri presenti sul territorio sono soggetti all’obbligo scolastico gratuitamente e ad essi si applicano tutte le disposizioni vigenti in materia di diritto all’istruzione, di accesso ai servizi educativi e di partecipazione alla vita della comunità scolastica (articolo 38 del Testo Unico sull’immigrazione) indipendentemente dalla regolarità della condizione del loro soggiorno (articolo 45 del Regolamento di attuazione delle norme del Testo Unico). Inoltre l’obbligo di iscrizione scolastica non viene meno se i genitori del minore siano irregolarmente presenti sul territorio italiano o se questi ultimi presentino, ai fini dell’iscrizione nelle scuole italiane, la documentazione anagrafica del minore richiesta dalla scuola in forma incompleta o non la presentino affatto. In tal caso il minore viene iscritto con riserva. Di conseguenza il diritto allo studio del minore non viene pregiudicato dalla possibilità che i genitori irregolarmente presenti in Italia, all’atto dell’iscrizione del minore a scuola, possano incorrere nella sanzione dell’espulsione o della denuncia, previsti dall’articolo 10-bis del Testo Unico. L’articolo 6, comma 2, specifica infatti che l’esibizione del permesso di soggiorno è esclusa in caso di provvedimenti attinenti alle prestazioni scolastiche obbligatorie, tra le quali vi è l’iscrizione scolastica. La posizione del minore risulta dunque autonoma rispetto a quella dei suoi familiari irregolarmente presenti in Italia ed essa non impedisce comunque l’esercizio del diritto di accesso all’istruzione di ogni ordine e grado, anche nel caso di scuola dell’infanzia.

I minori stranieri comunque presenti in Italia hanno quindi il diritto-dovere all’istruzione e alla formazione, nelle forme e nei modi previsti per i cittadini italiani.  L’inosservanza di questo obbligo da parte dei genitori o dei responsabili del minore comporta una sanzione penale prevista dall’articolo 731 del codice penale. Inoltre, l’inadempimento all’obbligo di istruzione dei figli minori determina la perdita integrale dei crediti assegnati all’atto della sottoscrizione dell’accordo di integrazione e di quelli successivamente conseguiti e la risoluzione dell’accordo per inadempimento.
Per saperne di più sull’accordo di integrazione vai alla pagina dedicata.
La normativa generale in tema di diritto-dovere all’istruzione prevede l’obbligo di istruzione per dieci anni e l’obbligo formativo fino ai 18 anni, con il conseguimento di un titolo di studio di scuola secondaria superiore o di una qualifica professionale di durata almeno triennale (articolo 1, paragrafi 2 e 3, del DLgs. 76/2005, articolo 1, paragrafo 1, del DLgs. 226/2005, articolo 1, paragrafo 622, della L. 296/2006, articolo 1 del D.M. MIUR 22 agosto 2007). Detta specificazione comporta che al compimento della maggiore età il minore sprovvisto di documenti non debba abbandonare gli studi, ma egli possa proseguire fino all’ottenimento del titolo di studio. In proposito il Consiglio di Stato ha precisato che anche quando lo straniero ha compiuto i 18 anni resta ferma la possibilità di completare gli studi, poiché negare detta possibilità condurrebbe a risultati irragionevoli, tenuto conto che la scuola media superiore può ben essere terminata oltre il compimento della maggiore età.

 

I minori stranieri iscritti con riserva perché privi di documentazione anagrafica conseguono quindi i titoli conclusivi dei corsi di studio intrapresi, con i dati identificativi indicati al momento dell’iscrizione. 

I minori soggetti all’obbligo scolastico vengono iscritti di norma alla classe corrispondente all’età anagrafica, tranne nei casi in cui: 

L’ordinamento degli studi del paese di provenienza dello studente prevede che quest’ultimo sia iscritto ad una classe immediatamente superiore oppure inferiore rispetto alla corrispondente classe nel sistema scolastico italiano;

Le competenze, le abilità e la preparazione dello studente richiedono l’iscrizione ad una classe immediatamente superiore oppure immediatamente inferiore rispetto alla corrispondente italiana;

Lo studente non ha ancora conseguito il titolo di studio necessario per poter accedere alla classe corrispondente all’età anagrafica in Italia.

Al fine di garantire uno sviluppo positivo del processo di apprendimento per tutti e per un’efficace inclusione sociale la ripartizione degli studenti stranieri nelle classi avviene evitando la presenza predominante di studenti stranieri, che può rappresentare al massimo il 30% del totale degli studenti della classe. Questo limite, previsto da una circolare del Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca (MIUR), può essere derogato

quando gli studenti stranieri hanno già padronanza della lingua italiana (ad esempio per stranieri nati in Italia o che hanno iniziato il percorso scolastico in scuole italiane);

quando si tratta di stranieri senza un’adeguata conoscenza dell’italiano che abbiano necessità di un’assistenza specifica;

per ragioni di continuità didattica nel caso di classi già formate nell’anno trascorso;

 in assenza di alternative.

Per approfondimento vai all’area Minori e Seconde generazioni.
Per saperne di più vedi anche il documento sulla “Disciplina dell’attività lavorativa dei minori”. 
Dai Centri Territoriali Permanenti (CTP) ai Centri Provinciali di Istruzione per Adulti (CPIA)
A partire dal compimento dei 16 anni i minori stranieri che non abbiano ancora assolto all’obbligo di istruzione possono essere ammessi alla frequenza dei Centri Territoriali Permanenti (CTP) che offrono corsi di italiano, ma anche attività culturali, istruzione e formazione per adulti ed elementi di educazione civica e sui diritti e doveri del cittadino. Essi consentono agli utenti, di cui circa la metà sono stranieri, di sostenere e sviluppare percorsi integrati tra istruzione scolastica, formazione professionale e corsi serali degli istituti tecnici e professionali, in cui conseguire i titoli di studio, qualifiche e competenze linguistiche. A partire dall’anno scolastico 2014/2015 ai CTP si aggiungono i Centri Provinciali di Istruzione per Adulti (CPIA), che sono destinati a sostituire i primi. I CPIA conseguono l’obiettivo della coesione sociale e della creazione di occasioni di sviluppo anche mediante la collaborazione con Centri per l’impiego o altre agenzie per il lavoro, gli enti accreditati per la formazione professionale e le Regioni. Le imprese in particolare svolgono un ruolo importante nel processo di integrazione e nell’inserimento lavorativo, offrendo stages e tirocini.

 

Il tirocinio

Il tirocinio o stage è un’esperienza di conoscenza concreta svolta all’interno di un determinato ambito lavorativo, sia pubblico sia privato, di durata limitata e funzionale all’apprendimento e la formazione, volto a far acquisire al tirocinante le competenze necessarie per un sollecito inserimento lavorativo. 

Il tirocinio formativo e di orientamento è un contratto diretto a favorire l’ingresso nel mondo del lavoro di studenti, disoccupati, inoccupati e soggetti con particolari vulnerabilità. Si tratta di un rapporto che si instaura tra tre soggetti: ente promotore (che potrebbe essere anche l’Università), azienda ospitante e tirocinante (ad esempio lo studente iscritto all’Università che promuove lo stage).

Esistono due tipologie di stage:

Se il tirocinio si inserisce in un processo di apprendimento formale svolto all’interno di piani di studio delle università nell’ambito di lauree triennali o magistrali, dottorati di ricerca, di master e di istituti scolastici in genere si tratta di tirocinio curricolare.

Se invece il tirocinio è finalizzato a realizzare momenti di alternanza tra studio e lavoro nell’ambito dei processi formativi ed esso è teso a favorire determinate scelte professionali che derivano da una conoscenza diretta del mondo del lavoro, si parla di tirocinio non curricolare.

Il contratto di tirocinio descrive in modo specifico gli obiettivi formativi che il periodo di stage intende realizzare, la durata del rapporto, il nome del tutor interno all’azienda che segue il tirocinante, le modalità con cui il tirocinante sarà seguito dall’azienda, indicando i compiti affidati al tirocinante e gli orari giornalieri in cui egli dovrà compierli, il rimborso mensile previsto e le agevolazioni a cui lo stagista avrà diritto. 

Ai tirocini formativi e di orientamento, essendo la materia di competenza delle Regioni, si applicano le discipline regionali, ove esistenti. In mancanza di specifiche disposizioni in materia, trovano applicazione l’art. 18 della legge 24 giugno 1997 n. 196 e il relativo regolamento di attuazione (D.M. 25 marzo 1998 n. 142).

Con l’accordo del 24 gennaio 2013 in sede di Conferenza Stato-Regioni, sono state emanate le linee guida in materia di tirocini. Le prescrizioni delle linee guida vengono recepite dalle Regioni con proprie leggi.

Con l'accordo del 5 agosto 2014 la Conferenza Stato-Regioni ha approvato il testo delle "Linee guida in materia di tirocini per persone straniere residenti all’estero”.Il testo delle linee guida dovrà essere recepito dalle regioni entro 6 mesi dalla data dell'accordo. Per saperne di più sul testo delle linee guida vai alla notizia dedicata.

Per l’attivazione di tirocini nei confronti di cittadini stranieri occorre distinguere tra:
Gli stranieri che sono già in Italia con un regolare permesso di soggiorno che abilita al lavoro, i quali possono svolgere tirocini formativi alle stesse condizioni previste per gli italiani. 
Gli stranieri ancora residenti all’estero e che vogliono entrare in Italia per svolgere un tirocinio.
Per fare ingresso in Italia per tale motivo non è necessario il nulla osta al lavoro ma occorre ottenere un visto di ingresso per motivi di studio o formazione che viene rilasciato dalla rappresentanza diplomatico-consolare del Paese in cui risiede lo straniero nei limiti di quote periodicamente determinate. Gli ingressi per tirocini formativi, infatti, pur avvenendo al di fuori delle quote annualmente stabilite dal decreto-flussi, sono tuttavia possibili solo nell’ambito di un determinato contingente, triennalmente stabilito con un decreto interministeriale. 
 
L’accesso all’università e le procedure di ingresso per motivi di studio
L’istruzione per gli adulti stranieri, al contrario di quanto avviene per i minori, è invece riservata ai cittadini di paesi terzi che siano in possesso di regolare permesso di soggiorno. La disciplina contenuta nell’articolo 39 del Testo Unico sull’immigrazione stabilisce che l’accesso all’istruzione universitaria dello straniero regolarmente soggiornante sia garantito in condizioni di parità di trattamento con i cittadini italiani. In particolare il Testo Unico prevede un sistema binario tra studenti stranieri già soggiornanti in Italia e studenti ancora residenti all’estero. In base a detto sistema possono accedere ai corsi universitari e alle scuole di specializzazione delle università gli stranieri titolari di:
permesso di soggiorno UE per soggiornanti di lungo periodo; permesso di soggiorno per lavoro subordinato o per lavoro autonomo, per motivi familiari, per asilo politico o per asilo umanitario, per motivi religiosi; oppure
titolo di studio superiore conseguito in Italia e regolarmente soggiornanti in Italia da almeno un anno alla data di presentazione della domanda di iscrizione alle prove, oppur
diplomi finali rilasciati dalle scuole italiane statali e paritarie all’estero o dalle scuole internazionali funzionanti in Italia o all’estero oggetto di intese bilaterali o di normative speciali per il riconoscimento dei titoli di studio, oppure
permesso di soggiorno per motivi di studio in corso di validità, immatricolati nei precedenti anni accademiciad un corso di laurea o di laurea magistrale presso un Ateneo italiano.
 
Per gli stranieri residenti all’estero fino all’anno accademico 2014/2015 è stata prevista la possibilità di accedere alle università italiane soltanto nell’ambito di un numero massimo di ingressi annualmente determinato con Decreto interministeriale MIUR, Interno e Ministero degli Affari Esteri. Con la legge n. 9/2014 tali quote sono state eliminate, fatto salvo il rispetto delle procedure di accesso per le facoltà a numero chiuso (il comma 4 dell'articolo 39 del T.U. è stato abrogato). 
La procedura attualmente prevede che una volta individuato il corso di studio di suo interesse, lo studente straniero invii, nei termini previsti, domanda di pre-iscrizione all'Università italiana prescelta, consegnandola alla Rappresentanza diplomatico-consolare italiana nel suo Paese. La domanda deve essere redatta in originale e duplice copia sul Modello “A” /Form “A” disponibile sul sito del Ministero dell’Università e dell’Istruzione.  Alla domanda devono essere allegati una serie di documenti, tradotti ufficialmente in Italiano, indicati nel modello stesso. 
La Rappresentanza acquisita la domanda di preiscrizione procede a rilasciare il visto d'ingresso, al fine di consentire allo studente di sostenere l'esame di ammissione all'Università e l’immatricolazione.
Se non ne sono esonerati in quanto già in possesso di idonea certificazione, gli studenti stranieri devono anche sostenere una prova di lingua italiana, che si svolge presso la sede dell’Università scelta secondo il calendario pubblicato sul sito del Ministero dell’Istruzione. Non può essere ammesso alle ulteriori prove di concorso o attitudinali – quando previste – chi non abbia superato la prova di lingua italiana.
Agli studenti stranieri che frequentano l’Università viene rilasciato un permesso di soggiorno per motivi di studio ai sensi dell’articolo 5, comma 3, lettera c, del Testo Unico, attualmente della durata di un anno, rinnovabile se perdura l’iscrizione all’università, se sono stati sostenuti un determinato numero di esami e se perdurano i requisiti relativi al sostentamento economico, fino alla conclusione del percorso di studi e comunque non dopo il terzo anno oltre la durata del corso di studi (articolo 46, comma 4, del Regolamento di attuazione). Per l’anno accademico 2014-2015 la copertura economica richiesta per l’ingresso non deve essere inferiore ad euro 447,61 al mese, per ogni mese di durata dell’anno accademico e pari ad euro 5.818,93 annuali.

 

La conversione del permesso di soggiorno

Lo straniero titolare di un permesso di soggiorno per motivi di studio o formazione può svolgere attività lavorativa subordinata per un tempo non superiore a 20 ore settimanali e comunque non oltre 1040 ore ogni anno.

Il cittadino straniero titolare di un permesso di soggiorno per motivi di studio può altresì convertire il suo, prima della scadenza, in un permesso di soggiorno per motivi di lavoro, nei limiti delle quote fissate dall’annuale decreto di programmazione degli ingressi per motivi di lavoro (ai sensi del D.P.C.M. del 25 novembre 2013) e a condizione che sia presentata idonea documentazione del rapporto di lavoro

Quando si tratta di lavoro autonomo, il permesso per studio può essere convertito previa presentazione del titolo abilitativo o autorizzatorio e, se richiesto, della documentazione concernente ogni altro adempimento amministrativo necessario, nonché della documentazione comprovante il possesso delle disponibilità finanziarieoccorrenti per l’esercizio dell’attività (articolo 14 del Regolamento di attuazione del Testo Unico sull’immigrazione).

Sono esenti dalla verifica della sussistenza delle quote e possono essere quindi inviate in ogni momento dell’anno le richieste di conversione:

I cittadini stranieri regolarmente soggiornanti sul territorio nazionale al raggiungimento della maggiore età; 

I cittadini stranieri che hanno conseguito in Italia il diploma di laurea o di laurea specialistica, a seguito della frequenza dei relativi corsi di studio in Italia.

I titoli di studio al conseguimento dei quali è possibile chiedere la conversione al di fuori delle quote sono:

Laurea (3 anni, 180 crediti formativi universitari);

Laurea specialistica/magistrale (300 crediti, comprensivi dei 180 crediti universitari della Laurea o 180 CFU per la Laurea magistrale);

Diploma di specializzazione (minimo 2 anni);

Dottorato di ricerca (minimo 3 anni);

Master Universitario di I o II livello (minimo 60 crediti universitari); 

Attestato o diploma di perfezionamento (durata annuale- 60 crediti).

Si ricorda, infine che gli studenti stranieri che conseguono in Italia, un dottorato, un master di I o II livello, una laurea (triennale o specialistica) possono fruire di un anno di soggiorno ulteriore, dopo la scadenza del permesso, durante il quale poter cercare un lavoro e, in presenza dei requisiti, convertire il loro permesso in un permesso per lavoro subordinato o autonomo.

 

Gli interventi per il diritto allo studio

Ad ulteriore garanzia dell’effettività del diritto allo studio di cui all’articolo 34 della Costituzione, gli stranieri possono concorrere all’assegnazione di misure assistenziali in forma di borse di studioprestiti d’onore e servizi abitativi, predisposti da pubbliche amministrazioni o da altri soggetti pubblici o privati italiani e altri interventi per il diritto allo studio, anche non destinati alla generalità degli studenti e in condizioni di parità di trattamento con gli studenti italiani (articolo 46, comma 5, del Regolamento di attuazione). 

Come affermato dalla Corte costituzionale in tema di diritto allo studio, l’erogazione di benefici per l’accesso a corsi universitari in favore di studenti stranieri non può essere limitato o subordinato al requisito della residenza sul territorio dello stato in quanto: 

«[…] Le misure di sostegno in questione trovano il loro fondamento nell’art. 34 della Costituzione che, per assicurare a tutti il diritto allo studio, sancisce che «i capaci e meritevoli, anche se privi di mezzi, hanno diritto di raggiungere i gradi più alti degli studi», prevedendo, altresì, che le borse di studio, gli assegni alle famiglie e le altre provvidenze necessarie per rendere «effettivo questo diritto» siano attribuite per concorso. Se la necessità del concorso rende legittima la previsione di forme di graduazione tra gli aventi diritto, esse devono tuttavia sempre avere un nesso con il bisogno e la meritevolezza dello studente: il che non può dirsi per la durata della residenza.»

Le attività professionali e il riconoscimento dei titoli di studio e delle professioni
La disciplina contenuta nel Testo Unico sull’Immigrazione prevede che gli stranieri che siano regolarmente soggiornanti in Italia e siano in possesso dei titoli professionali legalmente riconosciuti in Italia, possono essere iscritti agli Ordini e Collegi professionali, elenchi speciali ed albi, in deroga alle norme che prevedono il requisito obbligatorio della cittadinanza italiana (articolo 37). Tale iscrizione è infatti fondamentale per l’esercizio delle professioni che prevedono l’iscrizione ai menzionati albi. 
Per il conseguimento di detti titoli è altresì previsto che siano rilasciati specifici visti d’ingresso e permessi di soggiorno della durata necessaria, debitamente documentata, allo svolgimento dell’esame di abilitazione all’esercizio professionale agli studenti stranieri che abbiano conseguito la laurea in Italia (articolo 47 del Regolamento di attuazione del Testo Unico sull’immigrazione). Il superamento dell’esame di abilitazione, quando siano altresì rispettati i requisiti previsti per legge, comportano l’iscrizione negli albi professionali, indipendentemente dal possesso della cittadinanza italiana. Se il cittadino straniero ha soggiornato in Italia per almeno cinque anni viene iscritto prioritariamenterispetto agli altri stranieri che richiedano l’inclusione negli albi.
Il riconoscimento dei titoli di studio conseguiti all’estero, ai fini della prosecuzione degli studi, è di competenza delle università e degli istituti di istruzione universitari, i quali agiscono nell’ambito della loro autonomia e nel rispetto di accordi bilaterali e convenzioni internazionali (articolo 48 del Regolamento di attuazione). La procedura prevista è piuttosto breve, in quanto avviene non oltre il termine di 90 giorni dalla presentazione della richiesta di riconoscimento. Se l’Università emette un provvedimento di non riconoscimento del titolo conseguito all’estero, è possibile presentare ricorso al MIUR che, se sussistono i presupposti, entro 20 giorni invita l’Università a rivedere la sua decisione. In alternativa si può ricorrere al Tribunale Regionale Amministrativo (TAR) o presentare un ricorso straordinario al Capo dello Stato.
 
Se il riconoscimento dei titoli di studio conseguiti all’estero non è invece finalizzato al proseguimento degli studi, è possibile per i cittadini stranieri che soggiornino regolarmente in Italia, richiedere il riconoscimento dei titoli ai fini dell’esercizio in Italia di professioni corrispondenti, come lavoratori autonomi o dipendenti (articolo 49 del Regolamento di attuazione). Il procedimento di riconoscimento prevede la presentazione della domanda al Ministero competente, corredata dalla documentazione tradotta e certificata conforme all’originale dalle Autorità diplomatiche o consolari del Paese in cui i documenti sono stati redatti. Il Ministero quindi indice una conferenza di servizi con la partecipazione di tutti i rappresentanti dei Ministeri interessati e viene acquisito il parere di un rappresentante dell’ordine o delle categorie professionali interessate. Il Ministero competente dunque provvede con decreto, che può indicare l’applicazione di “misure compensative”, ovvero lo svolgimento di un tirocinio di adattamento della durata massima di tre anni oppure il superamento di una prova attitudinale.
 
Se lo straniero intenda esercitare le professioni sanitarie è necessario essere iscritti in elenchi speciali istituiti presso il Ministero della Salute, nei quali sono indicati tutti i cittadini stranieri che hanno ottenuto il riconoscimento dei titoli abilitanti all’esercizio di una professione sanitaria. In particolare, il riconoscimento avviene dopo aver accertato la conoscenza della lingua italiana e delle disposizioni che regolano l’esercizio della professione sanitaria in Italia. Ai fini dell’esercizio di detta professione vengono altresì riconosciuti dal Ministero della Salute i titoli accademici, di studio e di formazione professionale, complementari dei titoli abilitanti all’esercizio di una professione sanitaria conseguiti in paesi terzi rispetto all’Unione europea.

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